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Il volti del colore: dal timbro al tono, dalle materie prime ai contenuti culturali, dagli oggetti agli affetti. Breve fuga dalla gabbia di Newton.


Nelle nostre scuole di ogni ordine e grado i colori sono presentati ai ragazzi a partire dall'esperimento scientifico di fisica applicata di Newton (1665-6).

Questo esperimento determina 6 colori [Newton ne aveva indicati romanticamente 7, in quanto avrebbero corrisposto alle 7 note della scala bachiana].
classificati in due gruppi: il primo è quello dei 3 primari    i quali, accoppiandosi nelle tre possibili combinazioni, danno luogo ai 3 detti secondari   . Questa prima classificazione si arricchisce attraverso gli studi che scienziati e pittori hanno fatto a partire da Newton fino ad arrivare a noi. Una classificazione che definisce il bianco e il nero come non colori, rappresentando il primo la luce e il secondo la sua assenza.

Da un punto di vista pittorico e certamente non solo da questa prospettiva, è restrittivo affidarsi ad una visione così definita; di seguito mi appunto alcuni scarti di prospettiva per concepire, "vedere" e riclassificare i colori, seguendo fili, studi e osservazioni linguistiche, culturali, antropologiche, psicologiche, poetiche, terapeutiche ecc.


  • Cronologia della percezione:
Si è osservato che vi è una cronologia sensoriale e quindi culturale, delle diverse vibrazioni della luce. La prima percezione e quindi la prima cognizione che si ha dei colori è quella chiaroscurale che porta, per sintesi, a concepire in primis il bianco e il nero, solo secondariamente il rosso; seguono verde e giallo (o viceversa) e il blu; quindi arriverebbe la percezione delle "sfumature": bruno, grigio, viola ecc. Secondo questa prospettiva, una possibile classificazione vedrebbe 3 "primari"    e tre "secondari"   . Non è difficile notare come noi europei, e in generale gli occidentali, pur assorbendo la classificazione razionale derivante dall'indottrinamento scolastico, quando ci troviamo a diversificare attraverso l'uso dei colori una stessa famiglia di oggetti, partiamo proprio da questi 6 colori.
  • Identificazione coi materiali di derivazione dei coloranti:
Negli studi linguistici si possono ritrovare vocaboli che identificano un certo colore con la materia prima dalla quale, previa lavorazione, si ricava -o ricavava- il colorante. Da questo punto di vista i colori si avvicinano a quello che accade per il vino: la maturazione delle uve, la loro collocazione geografica, la lavorazione e la conservazione, determinano la natura del vino, così come le materie prime dei coloranti determinano questi ultimi; ed è accaduto che in un dato momento storico una determinata materia prima venisse meno, o fosse sostituita con un'altra più reperibile o a buon mercato.

L'importanza dei materiali dai quali derivano i coloranti e la loro diversa natura sono alla base della risolutezza con la quale ancora artisti come Leon Battista Alberti sconsigliavano caldamente di mescolare i colori fra loro alla ricerca di terzi timbri e di sfumature, arrivando a raccomandare di limitare perfino l'impiego del bianco e del nero nell'impasto per forgiare i volumi; questo determinava le campiture timbricamente piatte che si ritrovano ancora, per esempio, in un Pontormo ed è un fattore che ci ricorda tutto un inventario di artisti che adoperavano volutamente tinte "pure", fino ad arrivare ad un Mondrian.
  • Colore e oggetto:
Sempre attraverso gli idiomi si può osservare come sia naturale nominare e concepire i colori a partire dall'oggetto che riflette quel determinato timbro. Noi stessi -italiani- abbiamo l'arancio, il marrone, il viola e così via. L'oggetto e il colore si identificano e il colore prende così caratteristiche assai più ricche e determinate di quelle derivanti dalla concezione razionale dei colori "prismici". Se identifico un colore con il porpora, veste clericale, non solo non indicherò necessariamene quel timbro che noi conosciamo razionalmente, dal momento che non sempre la veste è di quel colore, ma potrei sentirne anche la consistenza e avrò legato il colore all'uso che di quell'oggetto se ne fa e all'ambito sociale nel quale si ritrova. Se indicassi il color mare, è evidente che non potrei indicare -seppur convenzionalmente- un azzurro tout cour, poiché il mio interlocutore potrebbe immaginare una grande gamma di grigi o i gialli dei sabbioni, di verdi, di blu intensi e così via. E, forse cosa più interessante e che ritroveremo più in la, percepirei un "colore liquido".
  • Carattere tonale del timbro:
Da ricerche antropologiche si è visto che esistono civiltà e popoli che non sentono il bisogno di diversificare e classificare le variazioni qualitative della luce, in quanto le concepiscono come variabili chiaroscurali. Personalmente da ragazzo, a partire dai 6 colori "prismici" e attraverso la suggestione della pittura di Rembrandt, avevo cercato di classificare i colori in maniera tale che mi aiutassero ad eliminare in modo permanente l'uso del bianco e del nero, utilizzando insomma i timbri in chiave tonale. Potrebbe risultarne una possibile classificazione, partendo dal più 'chiaro' dei tinbri per arrivare al più 'scuro', come segue: (bianco)   [ e   (nero). Dei tre primari il rosso, dal punto di vista tonale, è il mediano, ma il verde gli si sovrappone, avendo vibrazioni tanto del giallo quanto del blu. Non è un caso forse che in alcune lingue un unico vocabolo può indicare, a seconda dei casi, rosso o verde, ed è facile constatare come, riducendo una foto a colori in scala di grigi, i due colori (il rosso e il verde) si ritrovino mediamente nella stessa gamma.
  • Colori freschi e colori secchi:
Il lucido e l'opaco, l'umido e il secco, hanno modi assai diversi di rifrangere la luce. Anche in questo caso si è potuto constatare che vi sono in alcuni idiomi vocaboli che indicano specificamente gli uni e gli altri, a prescindere dalla qualità timbrica astratta da noi colta razionalmente della luce. Sarebbe sufficiente osservare il fenomeno dell'arcobaleno, che è prodotto, appunto, da microparticelle di acqua, elemento traslucido per eccellenza.
  • Significato psicologico ed uso terapeutico:
La luce è energia e i colori costituiscono la risultante ottica della qualità e quantità di questa energia che le molecole costituenti un determinato oggetto assorbono e/o rifrangono. Al di là della cromoterapia è certo che vi sono colori calmanti e colori eccitanti e noi, in maniera spontanea, facciamo uso di queste proprietà.
Seguendo le risposte emotive ai colori, questi ultimi possono essere classificati in due grandi famiglie: i colori attivi   , che sono i colori "salienti", caldi, esaltanti, eccitanti, provocanti ... e i colori passivi  , rientranti, freddi, calmanti, attraenti, rilassanti... Il , in questa particolare classificazione, risulta neutro.
Vi è molto di più sull'indagine di questo aspetto dei colori e proprio per l'interesse particolare ch'esso riveste è preferibile riportare alcuni testi integrali relativi a studi di marcato rilievo...
  • L'arcobaleno e il processo di crescita:
Da un articolo di Leonardo Marleta e Paola Pacifico (quando il corpo ascolta i colori) apparso su Riza psicosomatica del maggio 1983:
"I colori scuri, dal viola all'azzurro, vengono vissuti come simbolo del mondo interiore che preme per venir fuori dal buio. I colori solari, che vanno dal giallo al rosso, diventano simbolo dell'azione concreta nel mondo, dell'incontro con gli altri. Dal buio dell'inconscio alla luce della coscienza. Nell'ordine dell'arcobaleno il viola diventa la fase dell'insorgere del desiderio interno, nascosto; il blu, l'urgenza di esprimersi; l'azzurro, la capacità di ascoltare questa urgenza che preme dentro. Quando capacità ed aspirazione si incontrano si da l'avvio ad una completezza che porta alla crescita con il verde. Per non disperdersi negli elementi del contesto ambientale si sviluppa la capacità di selezionare, rappresentata dal giallo; Il muoversi su un binario giusto, sul percorso da compiere, viene agevolato dall'arancio; La realizzazione pratica di questo percorso diventa rosso, simbolo dell'azione, del vivere pienamente, con tutto il corpo, ciò che è ormai maturo per essere vissuto. Viola-blu-azzurro come simboli di uno stadio potenziale non espresso in analogia alla parte notturna, l'urgenza dei bisogni e dei desideri; gialllo-arancio-rosso come simbolo della parte diurna, la luce del giorno il movimento dell'azione. L'inconscio i colori freddi, la coscienza i colori caldi, il verde come punto di equilibrio."
Prima del viola il nero, dopo il rosso il bianco:
"Se sotto l'abito nero si indossa la serie degli abiti rappresentanti nell'ordine i colori dell'arcobaleno, il liberarsene, abito dopo abito, fa rivivere il processo simbolico della crescita, dal viola al rosso, per poi arrivare, in fine, al bianco che è si la trascendenza, ma dopo aver vissuto tutte le tappe del percorso.
L'oro, dello stadio ultimo del saper vivere simultaneamente il sentire e il capire (...) per coloro che sanno far vivere il proprio arcobaleno interiore."
  • I colori secondo Epifanio
Il colore buono è il bianco, perché rimane fedele, il resto si ribella:
il grigio si intristisce e butta acqua
il viola scappa al tramonto
il nero si fa nero
il rosso dura mica
il giallo brucia tutto
e l'azzurro costa caro:
a fare il cielo ce ne vuole mica solo un tubetto.
Epifanio (Antonio Albanese)

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